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16 ottobre 2007 – Seconda edizione della festa in civile
17 febbraio 2007 – Borse di Studio per il Servizio Civile
29 novembre 2006 – Conferenza Nazionale Servizio Civile
29 novembre 2006 – Intervento di Enzina Actis Giorgetto
29 novembre 2006 – Intervento di Debora Ferrando
29 novembre 2006 – A Roma tra arte e poesia
   
 
29 novembre 2006 – Intervento di Debora Ferrando

Intervento di Deborah Ferrando per il 29.11.06 a Roma ( ha svolto il servizio civile nella cooperative CHRONOS in provincia di Torino, terminato il 14.12.05).

Se si chiede a noi giovani del Servizio Civile di descrivere la nostra esperienza, spesso, ci si ritrova ad ascoltare dei racconti entusiasmanti che sembrano avere tutti una trama comune: poter fare un percorso formativo aiutando se stessi e gli altri.
Anche se le aspettative, le speranze e le motivazioni alla base della scelta di intraprendere questa particolare avventura possono apparire davvero molto simili, ognuno di noi diventa portavoce di una testimonianza unica ed irripetibile poiché ciascuno, grazie al proprio modo di osservare le cose e di muoversi nel mondo, da vissuti analoghi trae degli insegnamenti diversi.
Personalmente, quando ho deciso di fare il Servizio Civile mi trovavo in una fase delicata della mia vita. Vicina al termine del mio percorso universitario alla Facoltà di Psicologia, mi sono resa conto che era ormai giunto il momento di fare un bilancio delle conoscenze acquisite e di valutare quanto cammino restasse ancora da compiere. Così, inventariando il mio bagaglio, a fronte di una mole considerevole di nozioni teoriche, non ho potuto non notare l’enorme carenza di competenze tecniche e pratiche accumulate in quegli anni di studio. Pertanto, ho ritenuto proficuo investire una parte del tempo a mia disposizione in un viaggio parallelo che mi avrebbe finalmente permesso di uscire dall’ambiente scolastico, certamente più protettivo e al quale ero inevitabilmente più avvezza, per visitare territori fino a quel momento inesplorati.
Proprio con la speranza di conoscere cose nuove, concrete, in qualche modo legate agli studi fatti e di entrare pacatamente nel mondo del lavoro sociale, ho scelto un progetto nell’ambito dell’assistenza, da svolgere presso una comunità per disabili mentali.
Volevo mettermi in gioco, scendere in campo per sperimentare attività pratiche e verificare se possedevo o meno quelle caratteristiche necessarie a lavorare in questo difficile settore.
Nonostante la tipologia di studi da me affrontata, sono arrivata a suonare alla porta
di questa struttura con un’idea molto vaga di quello che avrei dovuto affrontare nell’anno di servizio e, devo confessare, che avevo il cuore in tumulto proprio perché, per la prima volta, avrei avuto modo di interagire con persone che possiedono le patologie che io avevo incontrato solo nei manuali.
Non provo vergogna nel dire che il sentimento che ha caratterizzato il momento iniziale della mia avventura è stato la paura. Crescere, diventare grandi, uscire
dalla protezione familiare, però, fa sempre paura perché significa essere costretti
a camminare sulle proprie gambe, essere chiamati ad assolvere compiti e mansioni nuovi, essere spinti ad assumersi delle responsabilità maggiori e a rivestire dei ruoli diversi da quelli abituali.
Sentivo crescere in me il desiderio di ricoprire un ruolo differente, di cimentarmi seriamente in qualcosa che mi avrebbe anche permesso di ottenere una minima indipendenza economica e di assumere una posizione nuova agli occhi della mia famiglia.
Il rimborso mensile previsto per chi svolge questo servizio, infatti, oltre a rappresentare un forte incentivo per molti ragazzi, credo che assolva pure a questa particolare funzione di attribuzione di un ruolo attivo nella società e permetta a noi giovani di considerare l’esperienza del Servizio Civile come un impegno che deve essere preso con grande serietà perché richiede sacrificio, costanza e rispetto delle regole contenute nel contratto stipulato sia con l’Ente che con le Istituzioni statali.
L’anno di servizio, mi ha aiutato a compiere quel difficile passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta e le persone con le quali mi sono trovata a collaborare hanno dimostrato un’enorme fiducia in me. Mi hanno dato un’occasione unica per crescere, per imparare davvero molto grazie alla possibilità di svolgere le varie attività, di partecipare alle riunioni di équipe o alle supervisioni e di seguire i ragazzi durante
il soggiorno estivo.
Questo percorso è stato davvero gratificante perché mi ha dato la facoltà di esprimere tutto ciò che conoscevo sentendomi utile e, soprattutto, è stato formativo perchè mi ha permesso di arricchirmi sia sul piano professionale che su quello umano-relazionale.
In questa esperienza c’è stato sicuramente uno scambio, ma credo che sia quasi unilaterale: sento di aver ricevuto molto di più di quello che sono riuscita a dare!
E’ difficile dire che cosa mi sono “portata a casa”!
Metaforicamente, credo che il mio Servizio Civile si possa paragonare ad una bottega degli antichi mestieri dove il giovane apprendista si accinge ad imparare un lavoro e l’anziano maestro è pronto a svelarne tutti i segreti.
La mia cassetta degli attrezzi, ora, è certamente più pesante. Ho, infatti, scoperto di avere degli strumenti, delle competenze e delle qualità che non pensavo di avere e ne ho acquisite delle nuove.
L’entusiasmo con il quale ho affrontato questo percorso, inoltre, mi ha spinto a decidere di approfondire le mie conoscenze su questo nuovo fenomeno sociale, ancora così poco indagato e conosciuto, soprattutto dal punto di vista psicosociale. Questa idea si è dunque concretizzata nella stesura della mia tesi di ricerca condotta presso il Dipartimento di Psicologia sociale e di comunità di Torino che è stata intitolata “Tra Volontariato e partecipazione: uno primo studio sul Servizio Civile”.
Il raggiungimento della laurea, avvenuto di recente, però, non è l’unico risultato positivo che la mia personale esperienza mi ha permesso di ottenere.
Durante l’anno di servizio ho visto concretamente cosa significa svolgere una professione nell’ambito del sociale e ho compreso quanto sia difficile stare a contatto con la sofferenza umana, ma ho anche scoperto che può dare delle soddisfazioni che ti ripagano di tutti gli sforzi.
I ragazzi che ho incontrato nel centro mi hanno aiutato a comprendere che, nonostante i limiti e le difficoltà che presentano, hanno delle capacità che i “normodotati” non sempre dimostrano di avere. La loro spontaneità, la loro ingenuità, quel loro essere se stessi e nulla di più li rende speciali e ogni volta che mi ritrovo a ripensare alla mia esperienza, il loro ricordo riesce ancora a regalarmi un sorriso e mi rendo conto di aver fatto la scelta giusta quando ho deciso di intraprendere questa incredibile avventura nel Servizio Civile.
 
 
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